O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

giovedì 24 novembre 2011

[ Come è andata?? ] Escursione Prata - Troscione - Il Poggiaccio - Casette Papi [ 14-11-2011 ]

Lunedì 14 Novembre, oggi non sono a lavoro e la giornata non è fredda e soprattutto c’è alta pressione, il cielo limpido e libero da nuvole, l’ideale per un’uscita fuori casa alla ricerca di qualche panorama.
Poi mi devo anche tenere un minimo allenato per l’imminente Anello dell’Amiata, tempo permettendo, e allora decido di riprovare, dopo l’infruttuoso risultato estivo/semi-notturno del 28 Luglio scorso, l’anello a nord di Prata che passa dal Troscione e poi si addentra nel lungo crinale sud del Poggio di Montieri, passando da Campochinandoli e riscendendo fino al Torrente Mersino, per poi rientrare verso Prata dal sentiero n.27.
C’è un’incognita in questa escursione, e riguarda proprio il punto del guado sul Mersino, lì non ci saranno in teoria sentieri, e per un tratto bisognerà affrontare la risalita passando nella macchia, orientandosi comunque con il nostro fido GPS, per poter rientrare nella strada sterrata che ritorna verso Prata; proprio quello che ci vuole per animare un po’ di spirito d’avventura!

Dietro di me il sentiero per il Poggione
Le Cornate

La mattina la prendo calma, non parto prima delle 7.30 e procedendo a passo molto blando, salgo lungo la strada che porta al cimitero e poi lungo la “Viva” con passo quasi stanco, ma continuo; il tempo a disposizione dovrebbe essere tanto, quindi inutile prenderla di petto, meglio godersi il torpore mattutino dei boschi e i raggi di sole che sgomitano fra gli alberi.
La temperatura è intorno ai 7-9 °C, sono comunque ben coperto, si sta bene. Il primo tratto di percorso ormai l’ho fatto e rifatto non so quante volte, tuttavia, quando dopo i Poggi di Prata arrivo al punto panoramico lungo il sentiero 30, mi volto a sinistra ed è come se mi trovassi per la prima volta di fronte a un panorama spettacolare: l’alta pressione e l’assenza di umidità, permettono allo sguardo di arrivare benissimo alla Corsica, che a colpo d’occhio avevo scambiato lì per lì con l’Elba. Inutile sottolineare come sia ben visibile quest’ultima, così come la piana di Torre del Sale e Piombino, Follonica, e la catena di poggi che sormontano Gavorrano e Scarlino. Davanti a me invece, le Cornate spiccano luminose fra i poggi sottostanti, e sulla destra i pennoni dei ripetitori del Poggio di Montieri sono così ben visibili che pare di poterli quasi toccare.




Due passaggi suggestivi lungo la via per il Troscione

Riscendo, supero il rudere Pighetti e, poco prima di Fontalcinaldo, riprendo in salita il sentiero 30 che si inoltra in un bellissimo bosco: adesso, com’è facile immaginarsi, le tinte calde dell’autunno rendono i colori naturalmente favolosi. Questo tratto di sentiero, tra l’altro, quello che risale verso il Troscione, non sembra particolarmente trafficato, e in almeno due passaggi ci si ritrova a costeggiare un manto di foglie che scende progressivamente in direzione di due profondi fossi, fino ad arrivare al loro attraversamento. Sono due punti molto caratteristici. Attraversata la strada sterrata, dopo la sbarra ritrovo il punto in cui andai fuori traccia questa estate, stavolta è diverso, e in breve salgo la piccola salitina che mi porta al Troscione. Adesso si è acquietato del tutto il vento, mi fermo a fianco del grosso stabile (è una capanna sociale del CAI) sui tavoli di legno e mi faccio un bel caffè. Mi porto anche qualche grossa ghianda, sarà sicuramente un regalo ambito per il mio Peppolotto.

Un vecchio tronco con le corna..
Un "fiume" autunnale..

Riparto, il sentiero prosegue in leggera salita, pensavo che in questo tratto fosse più impegnativa, invece mi ritrovo in breve lungo il 30°, che dovrò percorrere per poche decine di metri, fino alla svolta per Campochinandoli. Ecco finalmente il bivio, lascio la strada che porta verso il Poggio di Montieri e scendo lungo la sterrata, ora mi trovo esposto al sole e la giornata si è fatta improvvisamente calda. Superato Fonte Barletti, trovo un inequivocabile bivio che mi indica di prendere a destra verso Campochinandoli. La strada è ovviamente comoda e piacevole da seguire, in breve arrivo a questo bellissimo complesso che si trova proprio affacciato al Poggione di Prata. Non c’è nessuno, davanti la bellissima piscina è colma d’acqua, mi immagino la sensazione dei turisti estivi quando si affacciano dalla lunga terrazza dell’ingresso, magari la sera verso il tramonto..

Riprendo il cammino, che istintivamente seguo su un sentiero sulla sinistra ma non in direzione della mia traccia GPS, anche perché mi sembra l’unico sentiero davvero percorribile, e poi sono sicuro che mi riporterà nella sterrata principale che avevo abbandonato al bivio precedente. Infatti di lì a poco ci arrivo, continuo lungo questa agevole via verso il prossimo casolare, chiamato Labirinto. Quando vi arrivo, vedo un grosso fuoristrada e un uomo all’interno, che nemmeno si accorge di me. Fuori solo un gatto, nessun altro animale. Intorno al casolare una miriade di cascatelle d’acqua che scorrono fra un contenitore e l’altro, in mezzo a un variegato campionario di vegetazione. Davvero un ottimo lavoro ornamentale.

Pausa caffè al Troscione
Il bivio per Campochinandoli

Forse capisco anche come mai si chiami Labirinto, da qui, ritrovare il giusto prosieguo del cammino non è semplice, al punto che quasi quasi mi verrebbe di scomodare l’inquilino del podere. Al terzo tentativo, dopo essere tornato sui miei passi avendo imbroccato il sentiero sbagliato (che si infilava in un intreccio di macchia instrigabile), prendo il sentierino giusto, quello che va verso l’ultimo casolare della zona, il Vincenzini. Nel frattempo alleggerisco gli indumenti, il fare avanti e indietro senza risultati non fa che aumentare il caldo che ora è davvero insolito, per essere Novembre. Poco prima di uscire dallo stradello, capisco di essere perfettamente instradato anche dalla presenza di vecchi muri a sasso che costeggiano il sentiero.
Infine, come mi immaginavo, eccomi di nuovo nella sterrata principale, da adesso e per un bel po’ sarà solo rettilinea discesa. Raggiungo in breve il casolare, o meglio i ruderi Vincenzini, un grosso complesso in totale rovina, ma chissà chi ci abitava in questi luoghi??.. proseguo ancora lungo la strada che, sebbene ed evidentemente non molto trafficata, è molto comoda e larga, poi, d’un tratto, ecco il confine dove termina l’impronta dell’uomo: la strada si perde improvvisamente all’interno di uno stupefacente, per quanto isolato, castagneto. Per terra il manto di foglie è così spesso che pare di camminare in un materasso, ogni riferimento di traccia e sentiero scompare, tutto intorno solo castagni e foglie. Proseguo un po’ in avanti osservando sul GPS la traccia da seguire, in ogni caso so che dovrò arrivare fino in fondo al Mersino. Dopo un po’ riecco un qualcosa che assomiglia a una vecchia carrabile, seppur immersa nelle foglie; decido di seguirla, dato che scende progressivamente compiendo di tanto in tanto qualche tornante. Lungo questa via si trovano anche due giganteschi tronchi di castagno che meritano un po’ di sforzo per essere scavalcati.

Campochinandoli
I ruderi Vincenzini

Arrivo a quella che sembra la fine della discesa, e ancora questi boschi decidono di sorprendermi: davanti a me una larga spianata, sempre sotto ai castagni, che fa da ultimo terrazzo prima del Mersino. Un posto davvero favoloso, sperduto quaggiù in fondo, senza altre vie d’arrivo a quanto sembra. E proprio per guadare agevolmente il Mersino, un caratteristico ponticello in legno costruito recentemente dai cacciatori partigiani.
Questa piacevole escursione è migliorata con il passare delle ore, riservando davvero degli angoli da incorniciare. Tra l’altro, anche se a questo punto mi trovo evidentemente fuori traccia, la presenza del ponticello in legno mi rassicura, perche sicuramente dall’altro lato si troverà un sentiero che risale il crinale opposto.
Faccio un paio di foto e supero il ponticello, ma purtroppo le conferme che cercavo non arrivano: il sentiero c’è, almeno all’inizio, poi sembra più che altro costeggiare confusamente un fosso che sfocia nel Mersino; trovo anche un altro ponticino in legno, dopo il quale però ogni traccia di sentiero sembra scomparire, e più che altro va proprio in un’altra direzione rispetto alla traccia gps che dovrei seguire che, seppur molto approssimativa, rappresenta in ogni caso il mio punto di riferimento per fare ritorno a casa. Sicuramente il fatto che mi trovi qui per la prima volta non aiuta molto nell’orientarsi, e magari dopo questo secondo ponticino potrei comunque trovare una comoda via di risalita, altrimenti per cosa l’avrebbero costruito? Però, prudentemente, penso che sia meglio cercare di seguire in qualche modo la mia traccia gps creata a tavolino, prima o poi sbucherò da qualche parte!




Splendido sentiero sul Poggiaccio e l'arrivo al Mersino con il ponte in legno

Mentre rimugino, ecco che nel momento più opportuno arriva anche la telefonata di mia moglie che taglia corto e mi domanda esplicitamente se mi sia perso o meno. Archiviata la familiare iniezione di fiducia (!), cerco di interpretare quello che mi sta dicendo il gps, che tra l’altro mi sta guidando in modalità bussola visto che di vero e proprio segnale gps quaggiù non c’è nemmeno l’ombra.
Decido allora di continuare a costeggiare questo fosso, in alcuni punti mi trovo in posizione molto rialzata, in altri potrei quasi attraversarlo, ma non vedo mai dalla parte opposta la minima traccia di sentieri. Continuo ancora per un po’, poi provo a risalire sulla destra lungo il crinale del poggetto per tornare almeno in linea con la parvenza di traccia che avrei dovuto seguire, ma in breve non trovo davvero come e dove proseguire, la macchia è instricabile, e anzi dopo aver descritto un semicerchio, mi ritrovo al punto di partenza. Ok, allora fosso sia! Almeno da lì dentro in un modo o nell’altro si prosegue!

Il Torrente Mersino
Il secondo ponticino

La pendenza del fosso da risalire si fa subito esagerata, ma da subito scorgo che in alto si vedono benissimo i raggi del sole, segno che lì finisce la salita, e sono già praticamente certo che mi ritroverò sulla strada per Prata. Finito anche questo tratto impegnativo, anche per via del fondo scivoloso, eccomi finalmente nel campo coltivato che mi aspettavo di trovare, dopo tanto peregrinare alla fine sono lo stesso arrivato dove previsto, è sempre una situazione confortante. Chiamo mia moglie per avvisarla che il profugo sta tornando, e poi con (relativa) calma faccio ritorno al paesello godendomi il tepore del sole che mi accompagna al termine di questa nuova, allietante escursione!

MagoZichele dopo la poderosa (!) traversata del Mersino!!!

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