O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

mercoledì 14 marzo 2012

Il Poggio della Crocina - via normale e diretta

Lunghezza = c.ca 3 km entrambe le vie
Durata = 1 h
Difficoltà = media
Altitudine max. = 848mt. s.l.m.
Dislivello + totale = c.ca 300 mt. entrambe le vie


Il Poggio Croce di Prata, o Poggio della Crocina come viene comunemente chiamato, è IL poggio di Prata per eccellenza. Dai suoi 848 mt. d’altitudine si gode un’ottima vista sulla sottostante Prata, che si trova nell’altro versante della vallata che da le origini al Torrente Carsia. A fianco si trova il più alto Poggione, che arriva a 916 mt, tuttavia dal punto di vista panoramico il Poggio della Crocina permette visuali più ampie.


Clicca per ingrandire e scaricare la cartina [viola= via  normale; blu= via diretta]*

Da qui infatti la vista spazia molto più a lungo, su Roccatederighi e il monte Sassoforte, su Boccheggiano, sulla croce del Poggio di Montieri, su Gerfalco e le Cornate, sul Monte Santa Croce e Monterotondo, Sul’Isola d’elba, Piombino, Massa Marittima, Gavorrano…insomma un punto panoramico di tutto rispetto.
Sulla cima del poggio svetta una croce che, in occasione delle feste triennali della Madonna del Canale, viene illuminata.
Ovviamente ci sono molteplici vie d’accesso per la vetta del poggio, più o meno impegnative a seconda delle nostre scelte, personalmente comunque mi piace pensare che le principali vie siano sostanzialmente due: quella normale e quella diretta.
Manco a dirlo quella che preferisco di più è sicuramente la diretta, perché sale rapidamente proprio puntando la vetta in uno scenario più appagante, visto che da una certa quota in poi la salita è tutta “con vista Prata” (e viceversa…).
Mi è capitato più di una volta di partire da casa per andare direttamente sul poggio, ogni volta studiando il modo più rapido per arrivarci, e sempre con motivazioni sostanzialmente banali, ma necessarie come ogni piccolo stimolo che si rispetti.

Il 22 Gennaio 2012 provo per la prima volta ad accedervi dal versante sudovest. L’idea è quella di partire presto, quando è ancora buio, e di arrivare in vetta in tempo per vedere l’alba spuntare all’orizzonte. Sarà tra l’altro la prima alba da sposato dell’amico Massimo, al quale dunque dedicare questa salita. Decido di portare con me anche Maia, giusto per una sgambatella, speriamo non abbia a pentirmente (idem per lei, credo…)
Alle 6.30 parto da casa, per fare prima attraverso il ponte anziché salire su in paese, ogni tanto passa qualche auto di gente che va a lavoro e che, alla nostra vista, alza i fari sorpresa.


Con Maia sul Poggio della Crocina il 22-01-2012
E’ una mattinata maledettamente umida, nel cielo ancora buio si capisce che c’è una spessa coltre nebbiosa, speriamo si dissolvi rapidamente. Maia mi segue spedita a passo sicuro, ma dopo un po’ che imbocchiamo la strada sterrata e comincia la salita, non è più tanto convinta di seguirmi, uggiolando ad ogni nostra fermata; vorrebbe già tornare a casa! La lampada frontale da due soldi comprata al Decathlon svolge perfettamente il lavoro, illuminando anche in lontananza, a un certo punto, due occhi che si spostano simmetricamente attraversando tutto il sentiero. Probabilmente si tratterà di qualche daino o capriolo.
Terminata la prima lunga (e non molto impegnativa) salita, lascio la strada per prendere un altro stradello che si dirige proprio verso il versante sudovest del poggio. Due-tre curve in rapida sequenza ed ecco che in un attimo mi ritrovo in un avvallamento dove sono parcheggiate 4 grosse roulotte in stato d’apparente abbandono. Forse serviranno come appoggio ai tagliatori di boschi, altrimenti non saprei. Aggiro l’accampamento proseguendo sulla mia strada, in cielo intanto la luce si fa più intensa, più “da giorno”, ma quello che mi preoccupa è che la spessa coltre di nebbia, per ora solo alta di quota, ma molto, molto compatta, non ne vuole sapere di aprirsi un po’.



Arrivo nei pressi di un piccolo casolare, dove il sentiero “ufficiale” sembra terminare, e a questo punto mi fido della pseudo-traccia gps che ho impostato a tavolino sul mio Keymaze e taglio in maniera decisa addentrandomi in salita nel bosco in direzione nordovest. Non si tratta di un vero e proprio sentiero, o se lo era non viene più utilizzato da tempo, in più di un’occasione devo prendere in braccio Maia per fargli superare dei rovi per lei già troppo alti. Solo adesso mi accorgo che, poverina, complice l’umidità generale, è diventata una palletta marrone di pelo e fogliame. Intanto seguendo per quanto possibile la traccia gps cerco di guadagnare sempre più quota e il fascio di luce della lampada comincia a illuminare la foschia della nebbia che avvolge la sommità del poggio. Dopo un po’ di zigzagare in salita, arrivo nei pressi di alcuni cumuli di sassi dalla forma squadrata e regolare: sono nei pressi dei resti della vecchia postazione d’avvistamento risalente alla seconda guerra mondiale. Non posso proseguire a dritto perche il miscuglio di vegetazione è troppo impegnativo da superare con Maia, quindi, conscio del fatto che oramai ci sono quasi, faccio una leggera deviazione a destra dove in breve vedo una pallida luce farsi più forte. E’ finito il tratto di bosco e sono in prossimità del cocuzzolo finale sul poggio. A questo punto sciolgo Maia e in breve raggiungiamo la croce di vetta che si trova, più in alto, sulla nostra sinistra. C’è un vento freddino, e la visuale è nulla, immersi come siamo nella nebbia, peccato, niente alba da mostrare a Massimo. Facciamo entrambi un piccolo ristoro, the caldo per me, biscottini per lei e poi riprendiamo il cammino del ritorno dirigendoci però verso l’altro versante, quello della salita “normale”. Arrivati a casa, come ovvio, la prima cosa che mi tocca fare è lavare un’esausta Lilly, che si è comportata comunque benissimo.

Dieci giorni dopo, il 1 Febbraio, tutta Prata si ritrova semibloccata dall’abbondante nevicata notturna, si va dai 20 ai 50 cm di neve nelle strade che finiscono inesorabilmente per mettere in crisi la viabilità e quindi i servizi di ogni genere, come sempre accade nelle zone tipicamente impreparate a disagi meteo di una certa entità. Di andare a lavoro non se ne parla, come detto le strade sono un macello, ma…qualcosa di ben più invitante mi balena subito in mente! Una bella salita invernale al Poggio della Crocina ammantato di neve! Chissà il panorama, da lassù… Decido tutto in quattro e quattr’otto, della spedizione saranno anche mia sorella Lara e mio cognato Massimo, i proprietari del negozio outdoor di Prata “La Collina”. Partenza alle 14.30, prima è impossibile per via di altri impegni. La promessa, che spero di mantenere anche stavolta, è quella di salutare il mio Capitano dalla croce. Alle 14.30 sono puntuale al Pianello bardato di tutto punto, poco dopo arrivano anche i compagni di questa escursione ai quali si è anche aggiunto il giovane Tommy.  Per l’occasione, hanno sfoderato il meglio dei capi tecnici proposti dall’abbigliamento “La Collina”…eheheh… Al Pianello sembra che sia passato un tornado, le auto sono sparse qua e la dove è rimasto un poco di posto, che è quasi interamente occupato dai cumuli di neve ammucchiati da gli spazzaneve.
Vista dal basso, la cima del poggio sembra circondata da nuvole bianche che si spostano rapidissime per via del forte vento che, sembra, lassù stia sferzando l’aria. Al Pianello il termometro dice -1 °C. Seguiremo la via normale, lungo i sentieri segnati.




Lara, Massimo e Tommy: La collina Abbigliamento è presente al completo!!!


Partiamo, la salita fino al cimitero è relativamente sgombra per il passaggio di qualche trattore con la pala, poi, d’un tratto, si para davanti a noi un manto bianco alto dal ginocchio in su. E’ semplicemente spettacolare cosa la natura abbia fatto in così poche ore. Nessuno tra l’altro ha ancora calpestato nulla, quindi sembra proprio di immettersi in un sentiero ignoto e molto, molto duro da percorrere. La neve è freschissima e quindi si affonda completamente, ogni passo sembra di farne almeno 3 per lo sforzo. Io in testa mi aiuto affondando i bastoncini e tirando con le braccia, Lara, Massimo e Tommy seguono con logica maggior fatica le traccia da me lasciata, in quella che normalmente sarebbe una semplice strada sterrata.
Non esistono punti in cui la neve sia più bassa, semmai il contrario, dove la strada rimane scoperta al forte e teso vento, la neve arriva tranquillamente al metro di altezza. E’ abbastanza faticoso ma esaltante al tempo stesso, dopo circa 150 mt mi accorgo di averli già staccati un po’, quando Tommy decide prematuramente che questa avventura non fa per lui, e ritorna sui suoi passi, destinazione Prata.


L'inizio della Viva
In attesa degli inseguitori..
Noi proseguiamo con calma, ma senza soste, ed arriviamo all’inizio della Viva, la salita che d’un balzo supera un bel dislivello con la sua pendenza intorno al 25-30%. Qui un po’ più di pause sono d’obbligo, è una dura salita senza neve, figuriamoci adesso. Intorno le piante sembrano deformate sotto il peso dell’incredibile quantità di neve che è stata loro scaricata addosso. Lingue di neve si staccano ogni tanto dal costone alto del sentiero, sulla nostra destra, diventando a tratti e a tutti gli effetti delle autentiche tettoie naturali di neve: è l’azione incredibile e combinata del vento e del freddo che crea questi incredibili giochi.
Lungo la Viva il distacco con mia sorella e Massimo aumenta di frequente, mi fermo volentieri per incitarli nella salita, perché Massimo comincia ad avere sintomi giustificati di stanchezza, visto che viene da un turno di notte a lavoro concluso in bellezza con un tormentato viaggio di ritorno a casa in auto lungo una strada impercorribile, senza gli adeguati mezzi. E poi, ogni tanto, la neve è talmente alta che arriva quasi alla vita, e sono tratti in cui la già difficoltosa camminata viene spezzata da ancora più impegnativi passaggi. In un’occasione, ecco che Lara sparisce per metà dentro un fiume bianco.

Il poggio è ancora lontano
MagoZichele procede nel bianco!
Arriviamo alla fine della Viva, dove c’è la confluenza con il sentiero che scende alla Casa Rosa, e ancora una volta gli occhi strabuzzano davanti uno scenario imponente. L’imbocco della strada che prosegue, per circa 50 metri, è completamente invasa da un “mare” di neve: proprio così, il vento ha creato delle vere e proprie onde di neve perfettamente cadenzate l’una dall’altra, e il bello è che queste onde sono alte anche 1 metro e mezzo!! Impossibile proseguire in questo tratto, ci conviene salire sul costone e, in questo tratto passare in mezzo agli alberi dove di neve ce n’è un po’ meno. E’ il colpo di grazia per Massimo, che comincia a porsi dei limiti oltre cui non proseguire. In realtà cerco di convincerlo che davvero l’Aia della Vedova è vicinissima, ma, arrivati in corrispondenza della catena di un cancello, abbandona a soli 100 mt dalla spianata. In ogni caso già arrivare fin qui non è che sia stata cosa da poco. Ci salutiamo, e, proseguendo da solo, li tranquillizzo sul fatto che non mi farò prendere dal buio (in realtà dietro con me ho la lampada frontale). Sicuramente adesso fa più freddo, il sole, quel poco che ogni tanto c’è, è più basso, il vento è aumentato sempre di più via via che siamo saliti, e un cielo nero sembra sopraggiungere all’orizzonte. Insomma, ora sono solo a sfidare il Poggio!! Sono situazioni banali, anche un po’ infantili forse, ma nel contesto piacevoli per il morale e tutto il resto. Arrivo in breve all’Aia della Vedova dopo soli 5 minuti, qualche breve foto (con il cellulare, la fotocamera mi si era già scaricata, proprio oggi...) prima che si ghiaccino le mani e poi su per la salita verso il crocevia dei poggi a quota 820 mt di altitudine. Comincio a pensare che forse anche stavolta non manterrò la promessa del saluto dalla croce, sono già passate 1 ora e 15 minuti dalla partenza, e prima delle 18 devo essere assolutamente a casa per un impegno. Anzi, è quasi matematico che non ce la faccia. Comunque almeno fino al primo poggettino antecedente la mia destinazione dovrei arrivare, e già da lì la visuale sarà più che discreta.


L'arrivo all'Aia della Vedova
Vista su Prata dal primo poggio
Arrivo al crocevia, ci siamo, ora l’ultimo strappo in salita, con il vento che comincia a turbinare sempre più. Dentro la giacca sento che sono completamente fradicio, quindi meglio non stare troppo fermi al vento. Ormai sono in vista della sommità del primo poggio, che, è bene sottolinearlo, è comunque più alto, seppur di pochi metri, del Poggio della Crocina. Alle 16 eccomi in vetta e…sorpresa! Qui di neve non è che ce ne sia tanta, solo un piccolo velo, ma non ho bisogno di capire il perche, basta sentire quanto infuria quassù il forte vento di tramontana. Il termometro d’un balzo scende a fino  -6 °C anche se inizialmente leggo -4 °C, e ci sono tutti, perche la mano che tolgo dal guanto per fare una veloce foto e un breve filmato per poco non mi si gela davvero.


Il panorama tutto intorno è magnifico, sotto la coltre di neve che si perde a vista d’occhio dai territori limitrofi fino ai più lontani territori senesi. Le Cornate di Gerfalco sono bianchissime, lì ci deve essere un oceano di neve. La piana del Gabellino, un invaso completamente bianco. D’un tratto, per poche decine di secondi, il sole buca i nuvoloni neri, e il contrasto di luce rende surreale tutto quanto si para davanti i miei occhi. Il vento soffia inesorabile, e a tratti, quando arrivano le folate più forti, si innalzano turbinando delle nuvole di neve; sono queste le strane nuvole che si vedevano giù dal paese, sono effetto del vento. Non ho idea di quanto rimanga lì prima di intraprendere la via del ritorno, probabilmente meno di quanto sarei in grado di quantificare adesso, fatto sta che il vento e il freddo la spuntano e quindi ricomincio la discesa che, come ovvio, si dimostra tutt’altra cosa rispetto alla salita. Per salire ho impiegato 1 ora e mezza, al ritorno impiegherò solo 40 minuti. Tornato all’incrocio con la Viva, vedo altre tracce nella neve in direzione della Casa Rosa. Solo 9 giorni dopo scoprirò che l’altro avventuriero altri non era che Graziano, un ex mancato componente della SPratata 2011.

La salita del 22 Gennaio insieme a Maia, mi aveva dato da subito lo spunto per studiare al meglio quella che ho ribattezzato come la salita diretta al poggio della Crocina, ovvero una salita perpendicolare e dirimpettaia rispetto a Prata. Il punto cruciale era in corrispondenza del gruppo di roulotte abbandonate. Le nevicate, nel frattempo, dopo quella del 1 Febbraio, sono continuate anche nei giorni successivi, culminando con quella del 10 Febbraio, quasi 24 ore di neve ininterrotta e una nuova, corposa, “mano” di vernice bianca a tutte le Colline Metallifere. La tentazione di intraprendere la salita diretta di nuovo nella neve mi allettava molto, anche se di occasioni alla fin fine non c’era stata nessuna.


Di neve quassù ce n'è ancora tanta..
L'arrivo al gruppo di roulotte
Il 18 Febbraio, finalmente, riesco a trovare in mattinata del tempo libero per tentare questa nuova salita. La neve non si è ancora sciolta, salvo nei punti direttamente esposti ai raggi del sole. Non fa più freddo, almeno non come nei giorni scorsi, in ogni caso non parto presto, non prima delle 9.30. Stavolta il cielo sembra abbastanza pulito, la promessa di un saluto dal monte in questa occasione deve andare in porto. Mentre percorro nuovamente lo stesso tragitto del 22 Gennaio fatto con Maia, posso constatare che di neve, via via che si sale, ce n’è ancora più di quella che si possa pensare. Soprattutto quando arrivo alla breve discesina che sbuca al limitare del campo delle roulotte, trovo ancora dei monti piuttosto alti di neve, segno che qui il sole difficilmente ha fatto visita. In qualche roulotte la porta è aperta ma dentro si intravede solo una bella confusione.


In vista della croce!!!
MagoZichele ancora sul poggio!!
Stavolta, come studiato a tavolino, proseguo il cammino entrando di taglio nel campo retrostante le roulotte, e dopo alcune decine di metri, consultando la traccia gps, svolto nuovamente a sinistra puntando verso nordovest, davanti a me, più in alto, c’è una croce che mi aspetta! Nel punto esatto dove decido di fare questa svolta perpendicolare c’è un’intricata vegetazione (non conosco il nome di tutte le piante) che col peso della neve è collassata a terra, non permettendo di capire quanto si possa, ad ogni passo, affondarci dentro o rimanere incastrati. In effetti anziché percorrere il campo e poi tagliare bruscamente, sarebbe stato meglio entrare subito nel bosco in salita tagliando diagonalmente verso nord, avrei subito superato questo noioso anche se breve tratto di piante.

Vista sulle Cornate e Gerfalco
Di nuovo Prata, ancora ben innevata
Inizio a questo punto la salita al versante est del poggio! Il dislivello iniziale è impegnativo, anche perche mi rendo conto di passare in mezzo a delle piante di rovi che fortunatamente la neve ha schiacciato a terra, tuttavia ogni tanto devo disincastrarmi. Ovviamente con la neve non riesco a capire cosa si celi sotto i miei piedi. Pochi metri più in alto il sentiero (gps) sembra più semplice e intuitivo da seguire, la neve fa uno strano effetto, sembra dilatare le zone boschive, ed è così più semplice seguire la via. In breve mi ritrovo nel primo tratto scoperto alla vegetazione, adesso è completamente libero dalla neve, ma nei giorni precedenti lo avevo rinominato “il primo nevaio”. Mi volto e nonostante un po’ di foschia, Prata mi appare così vicina da poter quasi immaginare di toccarla allungando un braccio.  Davanti a me invece comincio a vedere distintamente la sommità del poggio e l’immancabile croce che svetta, a tratti perfettamente visibile, in altri momenti avvolta fra deboli nuvole di passaggio. Dopo qualche foto proseguo e attraverso l’ultima e breve lingua di bosco che mi separa dal cocuzzolo finale (secondo nevaio nei giorni della tormenta). La croce ora è perfettamente visibile, e in men che non si dica sono di nuovo al suo fianco.



Uno zoom sulla croce del Poggio di Montieri e su Boccheggiano


Mi volto e inizialmente Prata non si vede, di nuovo avvolta in qualche nube che si alza veloce dalla vallata del torrente Carsia. Maledizione! Stai a vedere  che anche stavolta….vabbè intanto decido di bere il consueto the caldo e aspettare un po’. La pazienza mi da ragione, finalmente la foschia sembra dissolversi piano piano, è il momento di telefonare a Capitan Feffo!! Finalmente riesco in questa tanto desiderata “impresa”, il mio piccolo dalla finestra di casa mi vede quassù che mi agito per salutarlo, la nuova promessa è quello di portarlo quassù quanto prima, visto che anche lui me lo chiede insistentemente. Il panorama intorno ormai lo conosco a memoria, si vedono ancora ampie zone ancora bianche sparse qua e la, le Cornate non sono più dello stesso candore di 15 giorni fa, ma ancora di neve ce n’è parecchia. Anche nella sella che si trova tra il poggio della Crocina e il primo poggetto (quello raggiunto il 1 Febbraio) si vede che ce n’è ancora un bello strato; mi immagino come doveva essere qui dopo la seconda abbondante nevicata…

Le piste battute dagli animali
Il "mare" di neve non è ancora secco
Ok, riprendo la via del ritorno passando nuovamente a ritroso, come l’altra volta, dalla via normale. Sceso in basso nella sella, trovo che lo strato di neve è maggiore di quanto mi immaginassi, e la cosa particolare è che sembra di osservare una rete stradale altrimenti invisibile normalmente: si tratta delle impronte degli animali. Un continuo andirivieni multiforme di crocevia e stradellini battuti e ribattuti. A farla da padrone sono le impronte di capriolo, ma ogni tanto, dove c’è più confusione, è facile immaginarsi il passaggio di goffi cinghiali, come pure di istrici in occasione di leggere e ben distinte zampettino impresse in questa “hall of fame” del tutto naturale. Le più suggestive, comunque, sono quelle dalla inconfondibile forma di zampa canina: segno del silenzioso passaggio di lupi, dal momento che se fossero state di cane, probabilmente ci sarebbero state anche orme umane. Solamente nella breve discesa fino all’Aia della Vedova la neve è un po’ più sciolta, dopo ritorna ancora molto alta, proprio dove, il 1 Febbraio, insieme a mia sorella e mio cognato, ci imbattemmo in quella specie di “mare” bianco. Chissà quanto ci metterà a sciogliere tutta completamente. Via via che scendo di quota, nella strada sterrata cominciano a formarsi dei veri e propri ruscelli d’acqua formatisi dallo scioglimento della neve, finché non sono di nuovo al Pianello, al termine di questa bella salita diretta al Poggio della Crocina.


* fonte = Carta Escursionistica delle Colline Metallifere

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